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Finalmente il cognome della madre

gilmore

Pubblicato su Femministerie “Il cognome di famiglia non continua se è una figlia, bando alla malinconia, ti terrà compagnia”. Così recita una filastrocca femminista del secolo scorso. Tante cose sono mutate da allora. Le donne hanno cambiato il loro destino di mogli e madri, le famiglie sono diventate plurali. Stanotte per la prima volta una donna potrebbe diventare presidente degli Stai Uniti d’America (anche lei ha dovuto piegarsi al cognome del marito, dopo aver resistito vari anni, per non essergli d’intralcio nella carriera politica).

Dal 1975 la famiglia italiana è un luogo paritario. Ma il cognome della madre ai figli,quello no. Ogni volta che in Italia qualcuno ha cercato di cambiare la norma che impone il cognome dei padri, apriti cielo. Almeno fino agli anni novanta.

Poi è arrivata la Corte costituzionale: “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo donna.”, così nel 2006 aveva definito la trasmissione del solo cognome paterno, invitando il leslatore ad intervenire. Nel gennaio del 2014 all’Italia arriva una condanna della Corte europea dei diritti umani. E di nuovo si invita il legislatore italiano ad intervenire. E finalmente, nel parlamento con il più alto numero di donne che il nostro paese abbia mai avuto, a settembre dello stesso anno la Camera approva un testo di legge sul doppio cognome. Cade l’obbligo del cognome paterno, ed è stabilita la piena libertà nell’attribuire il cognome. Alla nascita il figlio potrà avere il cognome del padre o della madre o i due cognomi, secondo quanto decidono insieme i genitori. Se però non vi è accordo, il figlio avrà il cognome di entrambi in ordine alfabetico. Stessa regola per i figli nati fuori del matrimonio e riconosciuti dai due genitori. Ma in caso di riconoscimento tardivo da parte di un genitore, il cognome si aggiunge solo se vi è il consenso dell’altro genitore e dello stesso minore se quattordicenne. Questo principio vale anche per i figli adottivi.
Il maggiorenne che ha il solo cognome paterno o materno, con una semplice dichiarazione all’ufficiale di stato civile, può aggiungere il cognome dell’altro genitore. Se però nato fuori del matrimonio, non può prendere il cognome del genitore che non l’ha riconosciuto.

Tutto bellissimo, ma l’illusione dura poco. Il testo si arena al Senato, fermo da due anni.

Adesso, di nuovo, parla la Corte costituzionale. Cade un retaggio patriarcale, leggeremo la sentenza, quello che emerge al momento è che per la Corte è illegittimo dare automaticamente solo il cognome paterno, quando la volontà dei genitori è diversa. Sembra dunque che basti la volontà, che non va né giudicata, né motivata.

La decisione riguarda il ricorso di una coppia italo-brasiliana residente a Genova, che aveva chiesto di poter registrare il proprio bambino con il doppio cognome. Richiesta motivata in virtù della parità, ma anche per armonizzare la condizione anagrafica del piccolo, che ha la doppia cittadinanza, tra il Brasile dove è identificato con il nome materno e paterno, e l’Italia dove ha soltanto il cognome del padre. A sostenerele ragioni della coppia, l’avvocata Susanna Schivo, da sempre impegnata su questo tema.

Ancora una volta la Corte arriva prima della politica. E di questo, non ringrazieremo mai abbastanza le nostre madri costituenti, che seppero darci un testo i cui principi ancora generano libertà

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