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A proposito di maschilismo

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Pubblicato su femministerie

Ne ha scritto acutamente Roberta Carlini su ingenere. Le polemiche suscitate dalla scelta del settimanale L’Espresso di dedicare la copertina e uno speciale all’interno al ritorno del maschilismo, sono la prova provata di quanto sia radicato il rancore misogino. Ne sa qualcosa la terza carica dello Stato, la Presidente Laura Boldrini, oggetto quotidiano di ingiure sui social. Eppure, noi che abbiamo conosciuto il ventennio berlusconiano, non dovremmo stupirci. A meno di non aver pensato che fosse davvero un fenomeno eccezionale e non un leader che ha saputo parlare alla pancia profonda del paese e ne ha plasmato e rispecchiato gli umori. Dalle veline alle ombrelline, il contorno alla scena pubblica maschile è servito.

Ma la realtà è più complessa. Intanto perchè questi leader apertamente misogini, come il Presidente Trump, raccolgono il consenso di un genere maschile che si sente messo in discussione. In fondo è quello a cui allude la copertina di Panorama, contemporanea e opposta a quella de L’Espresso, che ci avvisa della fine del buon partito da sposare, con un lavoro ben pagato e sicuro.

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E poi perchè la libertà delle donne vive nel mondo. Si aggira come uno spettro e muove la reazione maschilista. L’autonomia delle donne viene raccontata nelle fiction, nelle storie disney, segna i mutamenti demografici e le scelte procreative. Soprattutto tante donne non misurano più se stesse a partire dallo sguardo maschile. Ne scriviamo io e Giorgia Serughetti in Libere tutteil secolo scorso ci ha consegnato la crisi dell’ordine simbolico patriarcale, che non significa la fine dei conflitti e degli attacchi alla libertà femminile. Incredibilmente apriamo il libro citando Il racconto dell’ancella. Era l’autunno scorso, non sapevamo della serie, tanto meno del successo che avrebbe avuto. Le femministe americane e quelle polacche non avevano ancora sfilato vestite come le ancelle della distopia di Atwood – romanzo del 1985 – per protestare contro le politiche antiabortiste. Se dobbiamo leggerlo come il segno dello spirito del tempo possiamo riconoscerci sospese tra libertà guadagnata, una struttura del mondo segnata ancora dal divario, e tentativi di ricondurci al destino biologico. Di questo in Italia ci parlano le polemiche sull’educazione di genere oppure il fatto che sia caduta nel dimenticatoio la legge sul cognome materno, o le resistenze al linguaggio rispettoso del genere.

Nessuno ci regalerà nulla, ma questo lo abbiamo imparato.