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La ru486 nei consultori e la salute delle donne

Pubblicato su Femministerie

Ha fatto molto clamore la sperimentazione che è allo studio nel Lazio di somministrazione per 18 mesi della pillola ru486 in alcuni consultori. Una proposta nata all’interno di un progetto di rilancio del servizio, al quale ha collaborato anche chi scrive, che riguarda i diversi ambiti d’intervento dei consultori, il percorso nascita con la diffusione dell’agenda di gravidanza e il ricettario per le ostetriche che seguiranno le gravidanze non a rischio, il potenziamento dello screening, gli spazi per adolescenti. In particolare, al momento un gruppo di lavoro tecnico si sta occupando di interruzione di gravidanza e facilitazione dell’accesso alla contraccezione per le minorenni e le fasce disagiate della popolazione. Già il fatto che il gruppo affronti entrambi gli aspetti è indicativo di come si voglia tener fede a quella che è una peculiare caratteristica del lavoro consultoriale; l’approccio alla persona, ai suoi diversi aspetti, il lavoro di equipe degli operatori per sostere l’empowerment di chi si rivolge al consultorio.

Anche per questo poter accedere all’aborto farmacologico in questo luogo non solo non mette in discussione quanto previsto dall’articolo 8 della legge 194 – che parla di interruzione di gravidanza autorizzata anche presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione – ma può consentire di essere accolte in un luogo più prossimo alle proprie esigenze, nato per seguire le donne e le loro scelte procreative durante l’intero arco della vita. La Regione Lazio, che già ha autorizzato il ricorso all’aborto farmacologico in day hospital, come spiega la dottoressa Anna Pompili, che fa parte del gruppo di lavoro, sperimenterà tale possibilità in consultori attrezzati e collegati ad ospedali. Luoghi nati per promuovere la salute della ragazza o della donna a 360 gradi, quindi molto più adatti di generici poliambulatori pubblici.

Questo dibattito ha avuto il pregio di riaccendere la luce sui consultori, istituiti da una legge del 1975, ma sostanzialmente inventati dalle donne, nati come pratica dei collettivi femministi, in cui si cominciava a parlare e ad esplorare la sessualità femminile. Messi in crisi dalle aziendalizzazione delle asl, hanno conosciuto un potenziamento con il Progetto Obiettivo materno-infantile del 2000, che li ha stabilizzati nell’area materno infantile e ne ha rilanciato la vocazione di promozione della salute, di prevenzione e di tutela della donna e del bambino. Un libro di Livia Turco, uscito a fine 2016, Per non tornare al buio, Dialoghi sull’aborto (Ediesse), dedicato alla 194 e al dibattito sulla sua applicazione, ricorda ancha la nascita dei consultori e contiene alcuni interventi da leggere, come quello di Maura Cossutta, che riprendendo il valore originario di servizio socio sanitario, sottolinea la necessità di rilanciarli e di farli uscire dalla condizione ancillare che hanno finito per assumere in una sanità “ospedalocentrica”. Patrizia Auriemma, responsabile dei consultori della Asl Rm2, componente del gruppo tecnico della Regione Lazio, nello stesso libro ripercorre la storia della sua esperienza di ginecologa consultoriale, i cambiamenti avvenuti negli anni, anche nella composizione demografica delle utenti, l’arrivo delle donne immigrate, la difficoltà di un servizio che ha patito gli attacchi politici e le scarse risorse. Con il tempo è scemata l’attenzione e sono diminuiti gli investimenti nei loro riguardi. Soprattutto in questi anni di sanità regionale gravata dal debito e commissariata, il problema più acuto è stato il blocco del turn over. Situazione che nel Lazio finalmente inizia a cambiare da quest’anno. L’investimento in personale è questione essenziale per un servizio che ha visto aumentare le attività, ma diminuire gli addetti. Tutto questo ha impoverito la rete consultoriale, anche se in modo non uniforme nella diverse regioni, mettendo in discussione la possibilità concreta – come da mandato istituzionale – di lavorare in equipe e la capacità di promuovere attivamente la salute delle donne, della mamma e del bambino. Nonostante le difficoltà ci sono esperienze importanti. C’è vita nei consultori, come dimostra il viaggio attraverso quelli del Lazio che sta compiendo la consigliera regionale Marta Bonafoni e come ricorda sempre Pina Adorno della Consulta consultori di Roma. La sua preoccupazione è che il pensionamento della generazione che li ha inventati, che avverrà in questo triennio, significhi la perdita della cultura di un servizio pensato in funzione dell’utenza, attento all’offerta attiva, aperto alla partecipazione delle cittadine. Invece è bene che si riapra il dibattito e si torni ad investire su un luogo strategico per promuovere la consapevolezza e la salute sessuale e riproduttiva delle donne, dei ragazzi e delle ragazze