Ancora una volta un decreto, per affrontare questioni che sono vera e propria riforma, senza nessun coinvolgimento del mondo della scuola, in particolare si tratta dell’esame di stato, che torna ad essere esame di maturità, e della filiera tecnologica professionale.
La riforma dell’esame è pensata per rispondere in modo burocratico e disciplinare agli studenti che avevano fatto scena muta all’orale quest’estate. Un modo ottuso per reagire ad una questione sollevata sulle modalità di valutazione. Si può dissentire dalle forme, ma non aver per nulla ascoltato gli studenti, che noi invece abbiamo voluto in audizione in commissione, è un errore.
Si torna così a chiamarlo esame di maturità ma nella prassi si propone una prova orale su quattro discipline. Un ritorno alle nozioni disciplinari ed a una prova che non tiene conto del percorso dello studente e della studentessa. Un approccio perfettamente coerente con l’idea di scuola che ha come missione la mera trasmissione di nozioni, disinteressata alla crescita e alla costruzione di capacità di pensiero critico.
Ma c’è molto di più nell’idea di scuola che porta avanti il governo: c’è la volontà di comprimere e mortificare la libertà di insegnamento e l’autonomia delle scuole, la capacità della scuola di valutare e di scegliere. Lo abbiamo visto anche quando abbiamo discusso il giudizio descrittivo e lo abbiamo visto anche oggi quando alla Camera si è deciso non solo di chiedere il consenso preventivo alle famiglie per i percorsi di educazione alle relazioni e alle affettività, ma addirittura di vietarli nella cosiddette scuole medie, un’età cruciale di trasformazione, precludendo ai ragazzi e alle ragazze ogni forma di emancipazione e autonoma conoscenza del proprio corpo.
E poi c’è il modo con cui si è riformata la filiera tecnologica professionale, che diventa strutturale: una formazione professionale fatta di poca competenza, piegando il saper alla formazione e alle richieste immediate del mondo produttivo.
Qui il video del mio intervento in aula














