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Teatro dell’Opera: si ritirino i licenziamenti.

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dal sito di SEL

È stata presentata ieri (29 ottobre) dai senatori Loredana De Petrisi, Alessia Petraglia e Massimo Cervellini l’interrogazione parlamentare con cui si richiede al ministro della Cultura, Dario Franceschini “l’immediata revoca” dei licenziamenti dei 182 lavoratori del Teatro dell’Opera di Roma.

Non è la prima interrogazione dei parlamentari di Sel sulla situazione del teatro dell’Opera. Non abbiamo aspettato la doccia fredda dei licenziamenti di 182 lavoratori tra orchestrali e coristi per occuparci di uno dei patrimoni della cultura del nostro Paese. Anzi, come ha ricordato ieri Celeste Costantino, la consapevolezza di dover trovare soluzioni in una situazione che negli anni si è fortemente compromessa ci ha portato a sostenere la cosiddetta legge Bray, pur avendo espresso critiche di merito ed essendo un partito all’opposizione. E grazie a quella legge il teatro dell’Opera si è dotato di un Piano di risanamento, approvato anche dalla maggioranza dei lavoratori, che non prevedeva nessun licenziamento e nessun utilizzo della mobilità. Quel Piano consentirà all’Opera di ricevere dal governo 25 milioni di euro, 5 dei quali sono già liquidati.

Oggi però la situazione è mutata e di questo vorremmo che il ministro Franceschini rispondesse in Parlamento. Siamo di fronte ad una scelta che non può essere presentata come una normale procedura. Non a caso ha suscitato clamore in tutto il mondo. L’orchestra e il coro sono l’anima di una fondazione lirico sinfonica. Anche i teatri che in questi anni hanno dovuti compiere esternalizzazioni lo hanno fatto nel settore amministrativo e tecnico, mai in quello artistico. La massa artistica è l’identità di un teatro nazionale, ciò che lo fa tale.

Alessia Petraglia ha raccontato l’audizione in VII Commissione (Istruzione e Beni culturali) del Sovrintendente del Teatro dell’Opera Carlo Fuortes., che giustifica il mutamento di rotta adducendo le perdite causate dalle agitazioni a Caracalla e dall’abbandono del teatro di Riccardo Muti.

Una spiegazione che non ci pare sufficiente a motivare una decisione così drastica, che rompe il patto coni lavoratori. A questo punto non è più chiaro a quale titolo il Teatro dell’Opera riceverà i 25 milioni del Piano di risanamento, avendo cambiato le carte in tavola.

La rottura di un percorso politico condiviso è stata denunciata da Gianluca Peciola, il capogruppo di Sel nell’Assemblea Capitolina. Il gruppo consiliare ha anche presentato una mozione per chiedere il ritiro dei licenziamenti e la riapertura della trattativa.

Abbiamo voluto essere tutti insieme in conferenza stampa, con noi anche il circolo Sel del Teatro dell’Opera, che in questi anni si è opposto alla gestione Alemanno. Sappiamo che interveniamo in una situazione complessa, dove hanno pesato anche consociativismi e situazioni poco trasparenti, che del resto siamo stati i primi a denunciare.

Ma crediamo che siano stati fallimenti manageriali che non possono oggi essere pagati dagli artisti che lavorano all’Opera. Su di loro si è scatenata una campagna denigratoria, forte di un senso comune che viene da lontano e che in questi anni è stato abbondantemente seminato da chi governava l’Italia, che ha teso a minare la credibilità del lavoro culturale, additando gli artisti come privilegiati nullafacenti.

Noi pensiamo che il Ministro Franceschini debba assumersi la responsabilità di quello che sta succedendo. Bisogna fare un passo indietro. Ritirare i licenziamenti e ricominciare applicando correttamente la legge Bray.

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