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Se non ora quando. Un anno dopo.

da Italia2013.org

Un anno fa un gruppo di donne lanciò al paese un appello alla mobilitazione. Eravamo nel pieno di una crisi civile, politica e sociale, immersi in un sistema di potere che usava il corpo femminile come merce di scambio. Una marea di donne e uomini risposero a quell’appello e invasero le piazze italiane il 13 febbraio. Io ero tra quelle donne e ho partecipato gioiosa e incredula probabilmente alla più grande manifestazione della storia italiana.

Pochi striscioni, nessun simbolo di partito, tanti singoli che rispondevano ad un appello, tante donne che per la prima volta scendevano in piazza. Un desiderio di riscatto del paese e di se stessi e la ricerca di nuove relazioni. Mi è sembrato di leggere allora un potente bisogno di costruzione di un “noi” dopo anni di individualismo imperante. Anche per me, che non sono più tanto giovane, quel giorno è iniziato un percorso inedito di movimento delle donne. Di quello degli anni settanta avevo fatto in tempo a incontrare al ginnasio gli ultimi fuochi, per poi formarmi negli anni 80 sulle riviste e le ricerche dei centri studi femministi che in quel decennio si sono moltiplicati in Italia.
Ma vorrei tornare un attimo al 13 febbraio, perché quel giorno si è coagulato attorno ad un gruppo di donne il bisogno di cambiamento dell’Italia. Si era già visto nelle manifestazioni dei ricercatori e in tanti altri movimenti che avevano attraversato e avrebbero di nuovo attraversato dopo il 13 le piazze italiane.
Ma mai in modo così ampio, plurale e popolare come quel giorno; a piazza del popolo a Roma sembrava che nessuno volesse tornare più a casa. Dal palco avevamo detto “non si torna indietro”, ma quella promessa sembrava non bastare. Forse era anche la paura di perdersi di nuovo.
Mesi dopo, quando Berlusconi ha finalmente dato le sue dimissioni, molti hanno parlato del ricatto dei mercati, della necessità di salvare il paese. La credibilità e lo scollamento di quel governo con il paese si era mostrata al mondo e agli stessi italiani il 13 febbraio.
“Non si torna indietro” perché era evidente il fallimento delle classi dirigenti maschili.
Fallimento che è ancora sotto i nostri occhi. Oggi, che non c’è più Berlusconi, le sue patologie sessuali sono tornate ad essere fatto privato, e una politica debole ha affidato ad un governo tecnico il tentativo di uscire dalla crisi, le ragioni di quella straordinaria giornata restano in campo.

Cecilia D’Elia

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