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Sulle Europee e non solo. Intervista a L’Unità

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Cecilia D’Elia, senatrice dem, Direzione nazionale del Partito Democratico: la campagna elettorale sta volgendo al termine. È tempo di bilanci. C’è chi sostiene che si sia parlato di tutto, alleanze, beghe delle candidature etc, tranne che di Europa.

Non mi pare: progressivamente, nel corso della campagna elettorale, è diventato sempre più chiaro che si tratta di scegliere sul destino dell’Europa: il nostro continente può soccombere sotto i nazionalismi e la guerra. Incredibilmente questo avviene proprio al termine di una legislatura europea che ha affrontato la peggiore crisi dal dopoguerra, quella del Covid. La risposta è stata, grazie anche al ruolo dei democratici italiani, una trasformazione delle politiche europee, l’affermazione della necessità di una dimensione sociale condivisa, che ci ha consentito di fare Next Generation Eu. Si è aperta una fase nuova che qualcuno ha fretta di chiudere e derubricare, aiutato dalla guerra scatenata da Putin, che ha cambiato l’ordine del discorso. Non è in discussione il sostegno all’Ucraina, ma l’incapacità di dare risposte che non siano solo militari può uccidere l’Europa, immaginata e nata come progetto di pace in un continente devastato dal secondo conflitto mondiale.

Il dibattito pubblico italiano, politico e culturale, spesso appare chiuso in una bolla nazionale, ma non è questa la cifra della campagna elettorale che stiamo facendo, a cominciare dallo straordinario impegno della segretaria Elly Schlein, dal manifesto politico con il quale ci candidiamo, dalle liste che abbiamo presentato.

2) La decisione di Elly Schlein di candidare come indipendenti nelle liste Pd Cecilia Strada e Marco Tarquinio ha suscitato discussione e qualche mal di pancia tra i dem. Essere “pacifisti” è un “reato” politico o comunque una pecca?

Assolutamente no: i pacifisti ci sono anche nel Pd. Abbiamo scelto di guardare anche fuori di noi perché le culture e le pratiche pacifiste sono tante e diverse. Abbiamo liste che rappresentano la ricchezza della nostra esperienza ma anche l’apertura e la novità del Pd guidato da Elly Schlein. Il Pd non è sempre uguale a se stesso: i processi politici reali producono cambiamenti, i congressi servono a ridefinire la linea politica e quello in campo è già un nuovo Partito democratico.

Hanno accettato di candidarsi con il Pd personalità rappresentative di mondi che non sempre hanno guardato a noi, o che si sono allontanati. È già un fatto politico. Il Pd aderisce allo schieramento europeo, la famiglia socialista, che credibilmente può rilanciare l’Europa federale, soggetto di pace.

Questo progetto, che passa attraverso la sconfitta delle destre, ha bisogno di tutti e chiede più determinazione nell’affermazione del rispetto dei diritti umani. E fammi ricordare, visto che troppo spesso viene dimenticato, che tra i diritti umani al centro dello scontro, ci sono quelli delle donne.

L’Europa declinata al femminile.

Tutti i regimi autoritari partono dal controllo del corpo femminile, è il programma delle destre anche in Europa. Non ci può essere democrazia compiuta e piena cittadinanza delle donne senza riconoscimento delle loro libere scelte. Vale quando diciamo che è sempre violenza quando non c’è consenso, vale per l’autodeterminazione nel campo procreativo. Nessuno può costringere una donna a portare avanti una gravidanza non desiderata. L’Europa deve essere uno spazio in cui viene ovunque garantito l’aborto sicuro e legale. Questo nervo scoperto della cittadinanza femminile è un discrimine. Non a caso l’aborto è il pilastro della restaurazione conservatrice ovunque. In Italia non riescono ad attaccare direttamente la 194 allora ne boicottano l’applicazione, infilano nei consultori i sedicenti provita, negano l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale, nonostante le linee guida nazionali.

Ogni donna sa che non stiamo parlando di un diritto accessorio: la possibilità di scelta è costitutiva della soggettività umana femminile. Il mio corpo, la mia scelta non è uno slogan individualista, ma il fondamento dell’autonomia, della libertà e della responsabilità delle donne. Su questo la segretaria Elly Schlein e il nostro programma dicono parole chiare.

Del resto, bisogna uscire dalla continua crisi identitaria, per cui basta la dichiarazione di qualcuno per sentire messa in discussione la proposta politica del Pd. Come ha correttamente detto Cecilia Strada, ognuno porta la sua esperienza, poi il gruppo dirigente fa la sintesi. Vale il programma, vale per l’autodeterminazione delle donne, per i diritti lgbtq, per la politica internazionale.

L’urgenza oggi è rilanciare l’Europa federale con una sua politica estera, una sua forte iniziativa di diplomatica, per un governo multilaterale del mondo. Mentre siamo schiacciati da una discussione sulle armi e le strategie di guerra. Per sconfiggere la guerra e isolare Putin, ci vuole più politica. Il sostegno all’autodifesa dell’Ucraina non solo non deve diventare l’ingresso in guerra contro la Russia, ma deve accompagnarsi al lavoro diplomatico per il cessate il fuoco. Il Governo italiano è immobile, mentre parte delle élite europee sembrano rassegnate alla guerra.

Servono fatti, anche sul fronte mediorientale, a cominciare dal riconoscere lo stato di Palestina, nella prospettiva dei “due popoli, due stati”. Chiediamo una conferenza di pace e lo stop dell’invio di armi a Israele.

A proposito di Europa e di bordate sovraniste. Il senatore leghista Claudio Borghi ha  chiesto le dimissioni di Sergio Mattarella. Motivo: la dichiarazione di sabato con cui il capo dello Stato aveva detto, dinanzi al corpo diplomatico, che col voto del week end «si consacra la sovranità europea». Sentenzia Borghi: «Se davvero pensa che la sovranità sia dell’Unione europea invece che dell’Italia per coerenza dovrebbe dimettersi». «Oggi c’è la Festa della Repubblica, non della sovranità europea. Non mi arrenderò mai a un super Stato europeo dove comandano quelli che hanno i soldi», gli ha fatto eco Matteo Salvini In mezz’ora, su Rai3. 

Parole gravissime, nel giorno della Festa della Repubblica, mostrano la spregiudicatezza e l’assenza di senso delle istituzioni e di rispetto per il Presidente. Salvini non ha davvero preso le distanze, visto che ne condivide gli argomenti.

La mattanza di Gaza ha raggiunto dimensioni apocalittiche e non è ancora finita, nono stante le speranze di un accordo di tregua che fatica a farsi strada: almeno 11mila donne uccise dall’8 ottobre oltre 15 mila bambini morti per i bombardamenti, la fame e le malattie legate alla guerra. Ma chi osa criticare Israele viene manganellato o tacciato di antisemitismo.

La guerra è anche questo, la semplificazione di qualunque discorso, ridotto alla logica amico/nemico. Abbiamo condannato Hamas e diciamo a chiare lettere che quello che sta facendo il governo israeliano è in aperta violazione del diritto internazionale. Una strage di un popolo. Si deve poter criticare il governo israeliano senza essere tacciati di antisemitismo. Si devono ascoltare i ragazzi e le ragazze che scendono in piazza, pacificamente, sconvolti da quello che sta succedendo. C’è una generazione che si sente coinvolta, che sta scoprendo la politica attraverso la richiesta del cessate il fuoco. Bisogna parlare, discutere, confrontarsi, non criminalizzare. Invece troppo spesso la risposta è la repressione o la censura.

Pace, lavoro, inclusione. Una sinistra che non parte da qui può ancora definirsi tale?

E infatti siamo in campo, con la raccolta di firme per il salario minimo, la battaglia per il servizio sanitario nazionale, il diritto allo studio. L’agenda del Pd è un’agenda ambientale e sociale. Mentre la destra nulla fa per sostenere davvero il lavoro, la perdita di potere d’acquisto dei salari, per contrastare il part time involontario delle donne, l’emergenza abitativa.

Questo è il disastro sociale che il governo Meloni vorrebbe occultare con la propaganda sul disegno autoritario che sta portando avanti tra premierato, autonomia differenziata, riforma della giustizia, risposte disciplinari e penali a qualsiasi turbolenza sociale. Meloni chiede un referendum su di sé, nella migliore tradizione populista.

Vengo da giorni di ostruzionismo in Aula sul premierato. Siamo davvero alla fine della democrazia parlamentare: un o una presidente del consiglio eletto/a con il maggioritario la cui elezione trascina quella del parlamento. Un’idea di Paese in cui chi vince governa da solo, senza controlli, come nelle autocrazie dell’est europeo.

In questa campagna elettorale Elly Schlein, attraversando l’Italia in lungo e in largo, ha sempre cercato di essere non solo nelle piazze dei comizi, ma anche nei luoghi della vita delle persone, delle crisi aziendali, nei quartieri più difficili, delle esperienze di cittadinanza e volontariato, delle aziende che innovano. Certo per rendere più forte e credibile questa agenda bisognerà cambiare anche il partito. Nei luoghi della vita quotidiana bisogna esserci ogni giorno. Per riconquistare al voto e alla politica.

Il Mediterraneo e le stragi di migranti. Tema che sembra scomparso dal dibattito politico e dall’attenzione della sinistra. Sarà perché i migranti non votano?

Non sono scomparsi dalla nostra attenzione, anzi. Dentro l’opposizione ai diversi decreti del governo, a cominciare dal terribile decreto Cutro – strage in mare su cui abbiamo subito chiesto verità e giustizia – si è arricchita e precisata la nostra iniziativa. Intanto di opposizione alle politiche disumane e di propaganda del governo, di attenzione ai diritti umani delle persone. Basterebbe guardare il lavoro di sindacato ispettivo, le interrogazioni presentate, le richieste di chiusura dei cpr, a cominciare da quello di Ponte Galeria, un “non luogo” della disperazione. C’è bisogno di canali di accesso sicuri e legali e di una missione europea di ricerca e soccorso.

Qualche giorno fa ho ospitato in Senato la conferenza stampa di “Ero straniero!” sul decreto flussi: nel 2023 solo il 23% di chi è entrato in Italia per lavorare ha ottenuto un contratto regolare. Il sistema del click day crea irregolarità. Va assolutamente cambiato il sistema di ingressi regolari, e va cambiata la politica europea.

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