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Oggi ricordiamo la breccia di Porta Pia

Il 20 settembre 1870 giunse a compimento il sogno di Roma capitale d’Italia e terminò il potere temporale della Chiesa. La sofferta, coerente e netta separazione tra stato e chiesa fu un evento vivificante anche per il cattolicesimo, perché segnò l’inizio di un percorso di libertà e di laicità nella vita delle persone, ma anche un ritorno alla natura di testimonianza profetica e pastorale della Chiesa romana e di tutti coloro che di essa si sentono parte.

Il Risorgimento delle città conta ben 27 Comuni italiani che alla fine del 19° secolo contribuirono alla processo di costruzione e unificazione politica e simbolica del paese. In questo quadro Roma occupa una posizione particolare perché con la sua annessione allo stato italiano, il percorso di costruzione nazionale si poté considerare simbolicamente concluso.

Il passaggio dell’esercito italiano a Porta Pia, l’apertura di una breccia e la rottura di un muro sono un segno forte ed efficace della fine di un epoca, di una storia culturale. Non a caso, a partire da questa data, è caduta ogni barriera, fisica e virtuale, alla libertà di circolazione dei cittadini romani di religione ebraica, che per la prima volta, dopo oltre 300 anni, potevano muoversi sul territorio romano, senza limitazioni di orario e senza restrizioni di opportunità.

La commemorazione di Porta Pia, però, avviene da anni in sordina e sottotono, come se si trattasse di una ricorrenza solo formale, che riguarda il cerimoniale istituzionale e non la città nel suo insieme.

Credo invece che questa data debba tornare ad essere un momento di carattere popolare, partecipato dalla gente, ricordato nelle scuole, promosso con convinzione da tutte le istituzioni.

Perché la memoria di alcuni importanti eventi che riguardano la nostra storia collettiva, possa trasformarsi da un racconto che si studia, in un ricordo vivo, che fa parte dell’identità e del senso di appartenenza di chiunque viva in questa città.

Cecilia D’Elia

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