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Sulle vicende del liceo di Castrolibero, il mio primo intervento in Aula [VIDEO]

Cecilia D'Elia interpellanza su vicende Castrolibero

Il mio primo intervento in Aula a Montecitorio è stata la replica all’interpellanza urgente che ho firmato relativamente ai fatti di violenza del Liceo di Castrolibero in provincia di Cosenza.

L’8 febbraio sono stata la prima firmataria, con l’On. Enza Bruno Bossio e insieme a tutte le Deputate del Partito Democratico di un’interpellanza urgente al Ministro Bianchi che è stata discussa venerdì 10 febbraio, sui gravi fatti che sarebbero avvenuti nel liceo scientifico del polo scolastico di Castrolibero (Cosenza), dove un docente, o addirittura più di un docente, avrebbe effettuato molestie sessuali a danno di una o più studentesse, all’epoca dei fatti minorenni.
Abbiamo chiesto che il Ministro assuma al più presto tutte le iniziative di sua competenza per verificare quanto accaduto.
Si tratterebbe di fatti terribili e sconcertanti, una storia che ha scosso tutte noi.
La Conferenza delle Donne Democratiche calabrese ha annunciato che farà di tutto affinché nulla sia insabbiato e ognuno si assuma la propria responsabilità per restituire a questi studenti la serenità per rientrare in classe e vivere con libertà la propria giovinezza.

Alla luce della risposta all’interpellanza urgente da parte del Sottosegretario di Stato all’Istruzione sulla questione Castrolibero, questa è stata la mia replica.

Grazie Presidente,
Onorevole sottosegretario prendo atto della sua risposta. È molto importante che il ministero abbia inviato tre ispettori per verificare se e come la scuola «Valentini-Majorana» di Castrolibero abbia dato seguito o meno alle segnalazioni degli abusi e degli episodi di “bullismo” arrivate in questi anni.
In relazione alla vicenda in oggetto credo vadano sottolineati due aspetti, al di là del merito dei fatti specifici emersi in questi giorni, sui quali ormai indaga l’autorità giudiziaria.

Da un lato la gravità della realtà e delle ipotesi di violenza che sembra esserci state. Tanto più gravi perché relative a una relazione, quella tra professore e studenti, profondamente asimmetrica, ma soprattutto il clima di connivenza e di omertà che potrebbe aver accompagnato i comportamenti molesti e violenti. 
Questa purtroppo è storia antica. Sappiamo che troppo spesso la violenza contro le donne viene banalizzata e che tanto deve cambiare nella cultura per sconfiggerla.

Come dice la scrittrice Rebecca Solnit: la credibilità della parola femminile è la prima forma di resistenza.
Affermare la credibilità non significa che poi non si debba verificare, tanto più in sede giudiziaria poi vale la presunzione d’innocenza. Il punto non è questo. Ma significa che la parola femminile va presa sul serio, ascoltata. Altrimenti scatta quella cosa che si chiama vittimizzazione secondaria, che troppo spesso scoraggia l’emersione della violenza.

La seconda cosa che è successa è molto importante, e credo che per noi rappresenti una risorsa a cui guardare. Quella parola che non è stata ascolta ha trovato comunque il modo di dirsi: una pagina Instagram: “Call.out.valentini-majorana”.

Sappiamo, ognuno di noi sa come è importante, anche dopo tanto tempo, dirsi cosa si è attraversato, nominare le cose con il loro nome, soprattutto in casi di violenza e abusi, anche per liberarsi del senso di colpa, a cui siamo state educate. Perché vede sottosegretario non ci sono solo gli stereotipi del mondo esterno, c’è anche una cultura interiorizzata. In poche ore sono arrivate le altre testimonianze. Così scatta il metoo, a cui ha fatto riferimento la collega Boldrini.

Ma quella parola ha soprattutto trovato accoglienza da parte degli studenti, ragazzi e ragazze.
Questo, persino al di là dei fatti specifici, è il dato importante e straordinario, segno di un mutamento culturale.

Vede, ci abbiamo messo tanto per cambiare le leggi, siamo dovute arrivare agli anni 90, e poi via via a precisare e completare, ancora in questa legislatura, lo abbiamo fatto approvando il cosiddetto codice rosso.
Il problema non sono più tanto le norme, quanto la cultura.

Lo ha detto in questa Aula solennemente il Presidente Mattarella, declinando la dignità: “dignità è impedire la violenza sulle donne, profonda, inaccettabile piaga che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio.
Cultura, educazione e esempio. Penso che sia quello che stanno facendo gli studenti.

Come giustamente anche i professori hanno sottolineato nella loro lettera aperta di scuse per non avere fatto abbastanza per “superare fino in fondo una cultura sessista e del possesso, certa concezione predatoria della relazione tra i sessi, su cui, nonostante la modernità che pervade le nostre vite, non si riflette mai abbastanza. Una cultura che non può essere banalizzata solo come espressione di atavici pregiudizi e di comportamenti scorretti e che è, invece, qualcosa di molto più pervasivo e radicato per poter essere sconfitto solo con le denunce e le iniziative giudiziarie. Qualcosa che sta dentro di noi e di cui troppo spesso siamo inconsapevoli e che emerge in forme troppo spesso superficialmente sottovalutate ma che feriscono, lacerano nel profondo, distruggono coscienze”.

Su un tema drammatico come la violenza sulle donne è tempo di un salto di qualità nell’azione delle istituzioni per prevenire, proteggere, prendersi cura delle vittime e poi sul piano della battaglia civile e culturale, per estirpare le radici della violenza.
Un fenomeno che trattiene in sé il carattere della durata e quello del mutamento e che come ci dice la Convenzione di Istanbul, ha a che fare con i rapporti di potere tra i sessi.

Siamo dentro un mutamento antropologico, anche nominarla come violenza è frutto di questo, tanto è cambiato nelle teste delle donne, nei rapporti tra gli uomini e le donne; nell’affermarsi del rispetto reciproco, della reciproca libertà.
Questo mutamento non è un battito di ciglia, servono risorse simboliche per accompagnarlo. Bene i progetti, il piano antiviolenza, ma ci vuole di più, da parte della scuola: il riconoscimento dell’autorevolezza e della credibilità della parola femminile.
I ragazzi sembrano pronti, la scuola della nostra Repubblica deve esserlo di più, deve essere in prima fila in questo lavoro.

Qui potete vedere il video:

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