Di ritorno da Siena, sono ancora stravolta dal caldo, la stanchezza e la felicità. Sono stati due giorni intensi, in cui duemila persone, in una pubblica piazza, hanno parlato e soprattutto ascoltato. Le relazioni di sabato mattina, di Francesca Izzo e Cinzia Guido quella sul dopo 13 febbraio e di Francesca Comencini e Fabrizia Giuliani quella su maternità e lavoro hanno aperto i lavori. Tutte avevano a disposizione tre minuti per l’intervento. Tutte, davvero tutte, hanno rispettato i tempi. Cinquantacinque interventi il pomeriggio di sabato, a cui sono seguiti una quarantina di interventi domenica mattina.
Un metodo che è stato sostanza, come sempre accade. C’era a Siena una grande domanda di politica.
Le riflessioni sul percorso si sono incrociate a quelle sui temi, sull’agenda politica e sulla proposta di costruzione di una rete delle donne. Avendo lavorato al report del dibattito della prima giornata posso dire che dal racconto dei tanti interventi Se non ora quando (snoq) è emersa come un’esperienza di presa di parola in prima persona, che ha messo in moto un processo di partecipazione. Non a caso dove si è votato questa esperienza ha incrociato la scadenza amministrativa, ha rappresentato una richiesta di democrazia partecipata, sollevando non solo la questione del 50 e 50 nelle giunte, ma la nascita di un tavolo strutturato di relazione tra esperienza di governo e movimento. Nella maggioranza delle esperienze snoq si è confrontata con i problemi e la vita della propria città o del proprio territorio. Significativamente la partecipazione ha riguardato anche l’impegno per i referendum e la difesa dei beni comuni. Rispetto al 13 febbraio l’assemblea di Siena, anche nella composizione della piazza, ha restituito un lavoro di tessitura con le associazioni di donne, dall’esperienze storiche del femminismo alle archeologhe che r-esistono, alle studentesse. E’ stata evidente la scelta di lavoro comune, di una narrazione collettiva che non cancelli quello che c’è stato prima, senza offuscare la novità rappresentata dal 13 febbraio. Si è messo a fuoco il riconoscimento del femminismo e della parola femminile, che non è mai mancata. Ma, come ha ricordato Olivia Guaraldo, quello che il femminismo dice da 20 anni non entra nel discorso pubblico.
La proposta di snoq, che è stata anche la novità del 13 è la voglia e il desiderio di unirsi, anche tra generazioni diverse, di relazionarsi nella consapevolezza delle differenze per occupare la scena pubblica. Di fronte al declino italiano, al fallimento della classi dirigenti maschili le donne hanno dimostrato il 13 febbraio che il degrado etico politico ed economico non è ineluttabile (Camusso). Molte hanno sottolineato la ricerca di un “noi”, dopo anni di individualismo imperante. Un noi ricco della libertà di ognuna e della novità del coinvolgimento degli uomini, molto forte il 13, meno presente a Siena.
Rispetto al nesso maternità e lavoro, proposto come nucleo della riflessione dal comitato nazionale, il dibattito ha arricchito i temi sia sul versante precarietà che su quello corpo delle donne e sessualità. Il nesso maternità lavoro è stato affrontato soprattutto dal punto di vista della fatica femminile e della negazione del corpo femminile nei luoghi di lavoro. La gran parte degli interventi è tornata su questo nodo. Le donne non vogliono essere costrette a rinunciare, non vogliono dover essere costrette a scegliere tra maternità e lavoro. Non vivono nella loro coscienza questa contrapposizione tra sfere di vita, vorrebbero non doverla vivere nella realtà materiale della loro esistenza. Così come vorrebbero maggior condivisione con gli uomini.
Molte hanno parlato della battaglia per il ripristino della legge sulle dimissioni in bianco, cancellata in uno dei suoi primi atti da questo governo. Forme aggiuntiva di precariato (Marisa Nicchi) che incombe su giovani e meno giovani.
Nei prossimi giorni sul blog potranno leggersi le sintesi di questa due giorni di discussione.
La notizia è la scelta e la disponibilità a lavorare su una rete che materializzi sulla scena pubblica il discorso delle donne, per non essere dimenticate una volta che la notizia è consumata. L’organizzazione di questo noi è stato il centro della relazione di Serena Sapegno e Titti Di Salvo, mentre Elisa Davoglio e Giorgia Serughetti hanno focalizzato il ruolo che hanno avuto fino ad oggi per noi il blog e la rete web. Questa presenza ci ha consentito di intercettare le singole, di essere in costante dialogo con tante donne che non avevano mai partecipato a iniziative politiche (il blog ha raggiunto il picco di 80.000 contatti).
Domenica si è chiarito che non vogliamo organizzare un partito delle donne, ma una stabile, aperta, circolare tessitura di relazioni. Non una rete di rappresentanza delle donne, ma un’organizzazione orizzontale, in cui il comitato nazionale ha un ruolo funzionale.
E’ una scommessa tutta da costruire. Mi ha molto convinto l’intervento di Mariella Gramaglia: abbandonare l’aggettivo carsico, che il movimento delle donne ha usato spesso. Scegliere oggi altri quattro aggettivi: organizzato, stabile, autonomo e inclusivo. Per farlo servono tra noi fiducia e trasparenza.
Mi sembra che a Siena abbiamo cominciato a investire su questo. A caldo posso dire di aver vissuto due giornate intense di politica e di grande organizzazione femminile, dall’accoglienza alla festa sabato sera.
Cecilia D’Elia