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La sfida di un partito femminista

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Il coordinamento nazionale della Conferenza delle donne democratiche ha approvato il regolamento nazionale, frutto del lavoro del gruppo regole, coordinato da Teresa Armato. Ringrazio tutte le democratiche che hanno contribuito: Sesa Amici, Morena Bigini, Maddalena Cattaneo, Margherita Damiani, Titti Di Salvo, Maria Fortuna Incostante, Carla Longhi, Roberta Mori, Silvia Roggiani, Lucia Sileo, Assunta Tartaglione, Anna Toma.

La riunione non poteva anche non partire dall’analisi della amministrative 2022 e della fase delicata che stiamo vivendo. Guerra, siccità, carovita, tutto ci parla di un momento delicato e drammatico, in cui davvero si determina il futuro.

In questo tornante la questione di genere è cruciale. Le amministrative hanno visto in campo una proposta segnata dalla presenza delle donne. Questo risultato è frutto di un lavoro, di una scelta, che prosegue in Sicilia, dove ci saranno le elezioni regionali, con la candidatura di Caterina Chinnici alle primarie del 23 luglio.

Democratiche e progressiste, le città che vogliamo, così abbiamo presentato nella conferenza stampa che ha aperto la campagna elettorale la proposta politica del Partito Democratico. “Vogliamo un partito femminista” ha detto il segretario Enrico Letta.

Prendiamo sul serio questa affermazione, sapendo che si tratta di una sfida, di una proposta politica di cambiamento che riguarda l’Italia, ma anche noi stessi e la coalizione progressista a cui lavoriamo.

Un’alleanza di forze sociali, civiche, capace di animare al voto, di offrire un’idea di Paese, un’agenda sociale e civile che deve poter vivere già in questo ultimo miglio di legislatura.  Pensiamo a una coalizione capace di aggregare forze sociali e civiche, oltre le sigle politiche, di guardare ai soggetti, come donne e giovani, non come semplici parole ma come persone che incarnano temi, contenuti e politiche da far vincere.

Farlo significa promuovere un grande cambiamento culturale dell’Italia. Sguardo, parole e pratiche delle donne vivono e cambiano ogni giorno il nostro Paese, ma permangono stereotipi, monopoli di potere maschile, uso diseguale del tempo. Monopoli autoreferenziali che hanno molto a che fare con la crisi della politica e la sua necessità di rigenerarsi. Crisi democratica e crisi sociale camminano insieme, noi dobbiamo riconnettere politica e vita quotidiana delle persone.

Un partito femminista è una sfida che riguarda:

  • le proposte politiche
  • il protagonismo di chi le rappresenta e le promuove
  • il modo di essere del PD

Serve un partito femminista perché questo è un Paese sessista, ancora basato sulla “taglia unica” (maschio – bianco – cinquantenne)

È necessario perché sulla libertà e l’autonomia delle donne è in atto uno scontro nel mondo. È un discrimine tra forze progressiste e destre illiberali. Queste ultime offrono una proposta d’ordine all’impoverimento e alle disuguaglianze sociali. Una proposta politica che senza intaccare i rapporti di potere sociali ripristina l’ordine sessuale patriarcale. Parole d’ordine come famiglia naturale danno una risposta rassicurante al cambiamento portato dalla rivoluzione femminile del secolo scorso.

Così vanno lette, ad esempio le parole del consigliere comunale di Bassano del Grappa che attribuiscono il crollo demografico alle donne che hanno abbattuto il patriarcato e alla legge sull’aborto legale. Non è folklore, né ritorno al medio evo, è un contrattacco in piena regola.

Quindi dobbiamo riconoscere il valore politico discriminante di questi temi, anche nella competizione politica dei prossimi mesi.

Pensiamo alla cultura che emerge dalle motivazioni della sentenza di Torino. Per come ci arrivano riportate dalla stampa, ribaltano il giudizio di primo grado di condanna per violenza, perché la vittima “alterata dall’alcol” avrebbe in realtà consentito al rapporto. Ancora dobbiamo difendere la credibilità della parola femminile. Ancora dobbiamo fare i conti con i tentativi di scaricare sulle donne la colpa della violenza. Serve una norma che stabilisca in modo chiaro che quando non c’è consenso è violenza, c’è un testo al Senato presentato da Valeria Valente che vogliamo venga approvato. Urge davvero cambiare la cultura di chi giudica. Passi avanti sono stati fatti, ma ancora tanto resta da fare. Così come va approvata la proposta sulle molestie sessuali nei luoghi di lavoro, c’è un testo unificato al Senato, frutto anche della proposta a prima firma Valeria Fedeli. Su questo portiamo un ordine del giorno in direzione nazionale del PD.

Sempre al Senato la commissione affari costituzionali ha approvato il testo e legge per il riequilibrio di genere negli organi costituzionali, autorità indipendenti e società controllate, a prima firma Roberta Pinotti. Abbiamo misurato nell’emergenza pandemica, quando la prima task force era stata pensata quasi interamente al maschile, la necessità di promuovere nelle diverse nomine il principio di equa rappresentanza.

Così come entro le fine legislatura va data una risposta legislativa alla questione della trasmissione del cognome materno. La corte ha fatto decadere l’automatismo della trasmissione di quella paterno, urge davvero la norma, c’è la nostra proposta firmata dalla capogruppo Simona Malpezzi.

E alla Camera portiamo la mozione su donne e pace contro gli stupri di guerra.

Nel contrattacco va inserita la decisione della Corte suprema americana di rivedere la sentenza Roe v Wade che nel 197 aveva costituzionalizzato l’aborto begli Usa. Una scelta gravissima, che lede la libertà e l’autonomia delle donne. Una scelta contro l’evidenza, dove l’aborto è legale e sicuro gli aborti diminuiscono.

È importante che il Parlamento Europeo abbia votato una risoluzione che condanna la scelta della Corte suprema e ribadisce la possibilità di abortire come una decisione che attiene all’esercizio effettivo di diritti quali la dignità umana, l’autonomia personale, l’uguaglianza e l’integrità fisica. Proponendo di inserirla nella Carta.

L’autodeterminazione della donne ha valenza costituzionale. È ciò che, comprendendo il diritto a interrompere in modo sicuro una gravidanza, afferma la maternità libera e consapevole.

Su questo tema così dirimente per il riconoscimento dell’autonomia femminile, noi siamo determinate dalla parte di lei, della decisione delle donne sul proprio corpo, del riconoscimento della responsabilità e libertà femminile.

Nel nostro Paese la legge 194 è spesso boicottata, aggirata. Abbiamo visto le resistenze fatte dalle regioni governate dalla destra alle linee guida sull’aborto farmacologico. Abbiamo tenuto a Perugia un’importante iniziativa nazionale, dobbiamo farne un tema dell’agenda politica nazionale, portarlo alla discussione del Partito democratico.

Un partito femminista per affrontare le disuguaglianze di genere. Lo sapevano già, ma l’Istat ci ha appena consegnato una fotografia di un Paese attraversato da grandi disuguaglianze.

La crisi per le donne soprattutto ha avuto un prezzo più alto rispetto al resto d’Europa. Le occupate sono infatti diminuite di circa 376mila unità nel 2020 (-3,8% rispetto al 2019), a fronte di un impatto di genere mediamente più omogeneo nelle principali economie dell’Ue27. E nel 2021, nonostante una ripresa più favorevole per le donne, il tasso di occupazione femminile non ha ancora recuperato, in media annuale, i livelli del 2019, rimanendo sotto la soglia del 50% (al 49,4% per la precisione).

Sono le donne, i giovani under35, i residenti nel mezzogiorno e gli stranieri i soggetti più fragili, insieme ai portatori di disabilità e ai loro familiari. Basta pensare che sono lavoratori precari il 39,7% degli occupati under35, il 34,3% dei lavoratori stranieri, il 28,4% delle lavoratrici, il 24,9% degli occupati con licenza media e il 28,1% dei lavoratori che risiedono a Sud. L’intersezione tra queste caratteristiche aggrava le condizioni nel mercato del lavoro: il 47,2% dei lavoratori precari è una donna che ha meno di 35 anni, il 41,8% è straniera.

Non è un caso se donne, giovani e residenti stranieri sono ampiamente sotto-rappresentati nella conduzione delle imprese con almeno 3 addetti. Nel 2019 le donne dirigevano meno del 23% delle imprese pur essendo il 37,9% degli addetti; gli stranieri il 5,9% pur essendo il 12,9% degli addetti, e i giovani il 7,8% ed erano il 27,8% tra gli addetti. Guadagnano meno di 12 mila euro l’anno 4 milioni di dipendenti del settore privato, il 29,5% del totale.

Al centro-nord le coppie con figli non rappresentano più il modello familiare prevalente, superate dalle persone che vivono sole. E la maternità diventa sempre più un desiderio da lasciare in fondo alla lista: aumenta di oltre due anni rispetto al 1995 l’età media al parto, che nel 2020 arriva a 32,2 anni. Mentre cresce in misura ancora più marcata, di oltre tre anni, l’età media delle madri alla nascita del primo figlio, che raggiunge i 31,4 anni.

Tutti questi temi li abbiamo affrontati anche in diverse agorà. Le proposte sono sulla piattaforma agorademocratiche.it

Dal congedo di paternità al piano per l’occupazione femminile, il welfare e i servizi educativi per l’infanzia, la salute sessuale e riproduttiva, il piano anti violenza. Ringrazio Marielisa Serone per aver fatto le card con le proposte da sostenere sulla piattaforma.

Propongo di avere un nostro momento programmatico, ad ottobre, con gruppi di lavoro, coinvolgendo anche le esperte, le associazioni di donne con cui abbiamo lavorato in questi anni. Un appuntamento per definire e offrire al Pd e alla coalizione la nostra agenda, non solo politiche e proposte ma visione verso l’appuntamento politico del 2023.

Rilanciare l’empowerment delle donne e l’idea di una società che si prende cura, la nostra idea della crescita, della transizione ecologica, della vulnerabilità del mondo e della persone

C’è pensiero delle donne sulla crisi e sulle riposte da dare, un partito femminista le assume nella sua proposta politica.

Partito femminista significa promuovere donne e fare del partito un luogo di uomini e donne

Non è davvero una questione di quote, ma è una questione di politica e di cultura. Come avevamo scritto nell’ordine del giorno approvato nell’assemblea nazionale dello scorso anno sul partito di donne e uomini, da noi ci si aspetta di più, anche perché avevamo fatto di più e veniamo da tradizioni che sanno dare di più, che hanno rappresentato e incrociato le grandi battaglie fatte dalle donne in questo paese. Una forza popolare che voglia rappresentare le istanze progressiste non può sbagliare su questo terreno. Nel mondo oggi le istanze di cambiamento vivono nel protagonismo delle donne. È un problema di rapporto tra questo partito e la società. Adesso è un problema di credibilità di quello che siamo.

C’è un lavoro da fare sul nostro modo di essere, la capacità di essere forza di prossimità, vivere nei territori, Un lavoro da fare facendo rete con le segretarie di federazione e regionali,

Sono in tutto 20, 3 segretarie regionali e 17 segretarie di federazione, su 126 segreterie tra regionali e di federazione.

Con le democratiche milanesi e la segretaria Silvia Roggiani, diventata responsabile nuove forme di partecipazione e della rete dei volontari, abbiamo pensato a un’indagine sulle iscritte al Pd, per aprire una discussione sul partito e la sua organizzazione.

Abbiamo una grande responsabilità, siamo una forza nazionale e radicata, perno di qualsiasi alleanza di centrosinistra e progressista. Dobbiamo sempre di più assomigliare alle cose che sosteniamo. Il partito femminista significa anche questo.

 

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