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In campo per il ddl Zan

democratiche

Venerdì 21 maggio si è tenuto il coordinamento della Conferenza delle democratiche.  Di seguito il testo della mia relazione:

 

Questo coordinamento si tiene dopo il momento di confronto e di ascolto che abbiamo avuto qualche settimana fa.

E’ l’occasione per prendere tra di noi parola e anche per fare il punto sul percorso del testo legge Zan. Ne parlerà dopo di me la Presidente del gruppo Simona Malpezzi che ringrazio.

Siamo tutte convinte che l’Italia abbia bisogno di una legge contro l’omotransfobia. E su questo siamo state da subito in campo.

Oggi abbiamo un testo che è il frutto anche del lavoro fatto dalle nostre parlamentari alla Camera, votato da un’ampia maggioranza e che si è arricchito di altre fattispecie, sulla base di altri testi presentati, punisce l’istigazione a delinquere e gli atti discriminatori e violenti fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità.

Credo di poter dire che siamo tutte convinte della necessità di procedere con l’esame e l’approvazione del disegno di legge, anche se vi sono tra di noi convinzioni diverse e alcune avrebbero preferito, dal loro punto di vista, poter migliorare il testo.

Intanto vorrei riprendere alcune cose che avevo detto introducendo l’ultimo coordinamento, perché mi servono come premessa metodologica.

Questa è una legge fortemente voluta dal movimento lgbtqi+. Sono anni che si cerca di far approvare una norma contro l’omotransfobia. In Parlamento il Pd e le forze del centrosinistra hanno tentato più volte di introdurre nell’ordinamento misure specifiche per punire crimini dettati da ragioni omotransfobiche, senza riuscirci, già a partire dalla XV legislatura.

Nell’ultimo decennio in Europa, in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, sono state adottate misure per colpire l’omotransfobia, anche se attraverso soluzioni giuridiche e normative molto diverse tra loro, e tanti sono stati i pronunciamenti delle organizzazioni internazionali per spingere i singoli stati a intervenire e legiferare in materia.

E’ una necessità che muove dalla vita delle persone, che si sentono minacciate, e i dati sulle violenze, gli episodi che troppo spesso ci troviamo a commentare ci dicono che lo sono.

Da questo punto di vista c’è un urgenza – la lunga attesa e la necessità di tutela – e non possiamo cedere a chi pensa che di fronte all’emergenza pandemica non si debbano affrontare anche questioni che attengono ai diritti civili, che c’è un altro tempo per loro, che siano lussi che oggi non ci possiamo permettere. Siamo convinte che non esiste un tempo per pensare ai diritti e un tempo per puntare sulla crescita, tanto più mentre definiamo un modello di Paese che non può essere semplicemente quello ante pandemia. Abbiamo un’idea ricca di persona.

Sono preziose e vanno in questa direzione le parole del nostro segretario Enrico Letta. Come Conferenza delle donne ci rivediamo totalmente nell’idea che politiche di riconoscimento e politiche redistributive procedano insieme. L’ampliamento della sfera dei diritti delle cittadine e dei cittadini, investimenti per lo sviluppo e politiche sociali sono legati in modo indissolubile.

La comunità lgbtqi+ aspetta da troppo tempo.

Non è dunque una cosiddetta legge “delle donne”, lo dico perché nel discuterla dobbiamo tenere presente quale domanda di riconoscimento muove questa proposta, che poi si è allargata, e guardarla negli occhi. Contestare quello che pensiamo vada contro le donne è legittimo chiaramente, ma io penso che come attitudine politica dovremmo avere quella dell’inclusione e dell’intersezionalità, agire alleanza con le aspirazioni che muovono quel testo.

Il dibattito che suscita tra donne non deve sorprendere – lo dico soprattutto alle più giovani –  nessuna legge è perfetta e nessuna legge ha raccolto l’unanime consenso del femminismo. Anche quelle che sono diventate bandiere dell’autodeterminazione, penso alla 194. Ma anche la legge contro la violenza. Quindi non ci deve stupire. Esistono i femminismi, ma soprattutto è stato proprio da queste esperienze di norme che ha preso avvio la riflessione delle donne sul diritto, sul rapporto tra grammatica dei diritti e donne.

In questo caso c’è una parte del cosiddetto femminismo della differenza che vede in questo testo, nel riferimento all’identità di genere, il pericolo di una cancellazione della differenza sessuale. Così come contesta – e le cose non sempre vanno insieme – il riferimento al sesso, perché mette le donne sullo stesso piano di altre minoranze, quali sarebbero quelle tutelate dalla legge Mancino- Reale. Volendo mantenere una distinzione tra crimini d’odio di natura omotransfobica e quelli rivolti alle donne per via della diversa natura della violenza che li produce. Posizioni che sono anche tra noi e che vanno considerate.

In verità proprio nel passaggio alla Camera è stata aggiunta la parola sesso nel testo, con l’intento di non cancellare la differenza sessuale e la cogenza della corporeità. Mentre è stata mantenuta la formula identità di genere. Va detto che queste preoccupazioni in relazione al testo in oggetto non sono condivise da tanta parte del femminismo, anche da tante associazioni che lavorano sul tema della violenza.

Osì come è nel testo di legge, a mio parere, l’uso dell’identità di genere non apre a nessuna concezione fluida del genere, slegata dai corpi. Al di là della presenza o meno in altri testi di legge del riferimento all’ identità di genere, che può essere documentata, come potrebbe esprimersi altrimenti lo scarto tra percezione di sé e corporeità che questo concetto esprime? “I ́ , , ’ ”, come appunto scritto nella legge.

Questo non muta le procedure in vigore per la “transizione” da uomo a donna o viceversa. Procedure che, al di là delle regole giuridiche, sono complicate, dolorose e invasive, sicuramente non una “passeggiata”, ma non penso di doverlo ricordare a voi tutte.

Questa legge protegge delle vulnerabilità. Mette a fuoco le motivazioni che istigano a delinquere, quindi non fa un elenco di minoranze, di categorie. L’idea è, infatti, quella di rendere il ventaglio di tutele il più ampio possibile, proteggendo tutti gli aspetti dell’identità personale nella sua dimensione sessuale” (Francesca Maria Guarnieri)

Mettere a fuoco le motivazioni non significa per forza una lettura univoca della radice della violenza. Non credo sia compito della legge né fare un elenco di soggettività, né sviscerare i caratteri storico sociali dei comportamenti delittuosi. Non credo che la legge individui e normi soggettività, come ogni testo penale individua comportamenti e motivazioni che li spingono, le motivazioni delle discriminazioni. Non credo che la legge sia il luogo della lettura politica, sociologica e storica.

La proposta di legge Zan non tutela minoranze, ma dimensioni dell’identità personale, compresi il sesso e il genere, rispetto a discriminazioni, violenza e odio.

E comunque, a mio parere, ci muoviamo all’interno di decostruzioni della logica patriarcale della sessualità.

Penso sia stato giusto ascoltare, e di questo ringrazio Valeria Valente che lo ha fortemente voluto,  le diverse posizioni, da Antonia Caruso a Arcilesbica, per capire cosa muove a favore e contro la legge, ma anche per sottrarre alle strumentalizzazioni della destra il dibattito tra donne. Questo è molto importante per il reciproco riconoscimento, ma anche perché credo che ci siano questioni aperte sulla corporeità, la differenza sessuale, il riconoscimento di identità non binarie, il rapporto tra biologia e libertà. Sono questioni sensibili del nostro tempo e vanno discusse con grande cura, fuori dalla polemica ideologica. E quindi vanno tenute aperte anche tra noi, oltre le scelte sul ddl Zan.

Ma come ho spiegato, credo anche che stiano in modo improprio precipitando sul ddl Zan.

E c’è soprattutto il contesto politico e i rapporti di forza parlamentari in cui questa discussione avviene. E noi siamo un’organizzazione politica. E questo ci spinge ancor più io credo ad avere una parola pubblica, che non ignori dibattito complesso e serio, ma che ci schieri nella contesa, che dica chiaramente da che parte stiamo.

E’ necessario sottolineare che oggi il percorso avviene in un contesto di attacco alle conquiste delle donne, di messa in discussione in Europa della stessa Convenzione di Istanbul, di tentativi della destra di indicare lo spettro dell’ideologia del gender per rimettere “al loro posto le donne” e tornare a una dimensione gerarchica della famiglia. Su questo sfondo avviene anche la discussione del ddl Zan.

Ma vi è anche una grande domanda sociale che sale, il grande consenso che la proposta ha nella società e nell’opinione pubblica, soprattutto tra le ragazze e ragazzi, che appare pronta a dotarsi finalmente di una legge contro l’omotransfobia.

Al Senato la Lega, ha per mesi lavorato per impedire la calendarizzazione del Ddl nella Commissione Giustizia del Senato e ora punta a metterlo su un binario morto. E su questo sta costringendo a ricompattarsi il centrodestra, questa è la novità del momento, anche nelle sue componenti cosiddette liberali.

Non vogliamo e non possiamo rischiare un nulla di fatto. Come donne democratiche siamo in campo perché si approvi al più presto il testo del ddl Zan così come licenziato dalla Camera.

 

Roma, 21 maggio 2021

 

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