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Battiamoli nelle urne.

listamonti

da Italia2013.org Che la si chiami salita in politica o discesa in campo, la scelta di Monti di candidarsi a leader della neonata coalizione centrista scioglie le ambiguità politiche della sua premiership.

Avevamo detto che il governo Monti era per alcuni la strada necessaria per perseguire la transizione postberlusconiana, per altri l’incubatore di un progetto politico: la costruzione di una destra “perbene”, credibile nello scenario internazionale e capace di rassicurare i mercati e di cambiare tutto per non cambiare nulla del trentennio neo-liberista finito con la crisi economica e finanziaria del 2008.

Tempi, modi e parole dello schierarsi di Monti hanno reso chiara la natura del suo progetto politico: contro la sinistra europea, contro Bersani, prima ancora che contro Vendola e la Cgil (che pure e impunemente si dichiara di voler tacitare, nella migliore tradizione autoritaria delle elites italiane). Scrive Emanuele Macaluso su l’Unità di lunedì 7 gennaio: “Monti ha fatto la scelta centrista dopo un’aperta sollecitazione del Ppe, interessato a ripulire la sua immagine in Italia imbrattata da Berlusconi”. Una scelta di campo, per competere con il Partito socialista europeo e con la possibilità che un suo leader vinca le elezioni di febbraio e governi questo paese, magari in sintonia con Hollande e con le altre forze della sinistra interessate a ripensare le politiche europee. Il progetto politico è far fallire questa concreta possibilità aperta oggi in Italia grazie a una coalizione, Italia Bene Comune, che i sondaggi danno in crescita e vincente.

Dice bene ancora Macaluso “Non ricordo una coalizione “centrista”, “moderata”, addirittura “degasperiana” che partecipasse alle elezioni non per governare ma per non far governare“. Non far governare e non far scegliere. Destra e sinistra sono superate. L’unica strada è quella già segnata, non ci sono visioni che si contrappongono e chiedono di essere votate dagli elettori. La crisi economica ha messo fine a tutto ciò, c’è un’unica strada, e guai a lasciarla, pena il tradimento della patria. Questo mix di vocazione centrista e idolatria tecnocratica è oggi Monti. Forte del fallimento della destra populista del nostro paese e dell’erosione che ha compiuto della democrazia e delle istituzioni pubbliche, Monti agisce anche la leva populista (“abbasserò le tasse”) per perseguire il suo scopo, depotenziare la politica e rendersi indispensabile per il governo .

Barbara Spinelli lo ha chiamato Fattore P, il fattore politica, da escludere per lasciare spazio alla preminenza dei tecnici.

Tutto questo è in gioco nelle prossime elezioni: tornare a essere noi, cittadine e cittadini italiani, i decisori politici. Per farlo abbiamo bisogno di rappresentanti non affetti da nolitio, non-volontà (ancora Barbara Spinelli), ma decisi a governare e a rompere l’autoreferenzialità e il trasformismo delle classi dirigenti di questo paese. Abbiamo bisogno di nuove classi dirigenti, di uomini e donne decisi a governare sulla base di un’idea di giustizia sociale, di libertà e diritti delle persone. Il centrosinistra ha un popolo da far vincere, quello che ha partecipato alle primarie di novembre, ma assai più ampiamente quello che ha vinto i referendum sull’acqua pubblica e il nucleare, quello che ha sconfitto la destra nella sua (ex) roccaforte milanese, quello che ha denunciato lo scambio berlusconiano tra sesso e potere, quello che lotta per il posto di lavoro e contro la precarietà, per la scuola e l’università pubblica, per la cultura come investimento, per i diritti civili, per la dignità dell’Italia, per un’Europa più giusta.

Una nuova destra, elitaria e tecnocratica, suadente ed educata si propone come indispensabile per l’Italia del dopo Berlusconi: battiamoli nelle urne.

Cecilia D’Elia

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